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Corte-Ue

Pensioni, Corte Ue: risarcire medici per contributi non versati con contratti a termine

Lo Stato Italiano dovrà pagare a 17 medici campani 714 mila euro di risarcimento di danni materiali e morali per contributi non versati dal servizio sanitario nazionale all’Inps-Inpdap. I diciassette camici, napoletani o comunque attivi a Napoli tra il 1986 e il 1997 in forza di contratti a termine e poi regolarmente assunti dal Ssn, al momento di andare in pensione non si sono ritrovati nell’assegno e dunque nel conteggio i contributi che avrebbero dovuto essere versati dal datore di lavoro pubblico negli anni in cui hanno lavorato a tempo determinato. Fatto ricorso al Tar, dopo aver vinto in prima istanza, si sono sentiti rispondere dal Consiglio di Stato che il ricorso era inammissibile: per un mutamento legislativo, la questione non era più di competenza del giudice amministrativo bensì del giudice ordinario, il Tribunale. Prima ripartire daccapo hanno fatto due ricorsi, uno alla Corte Costituzionale, che non si è ancora pronunciata, e uno alla Corte di Strasburgo, che non è la stessa cosa della Corte di Giustizia comunitaria: non applica i trattati approvati dai 27 stati membri bensì la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 1950 che a sua volta è tratta dalla Dichiarazione Universale. La differenza è sostanziale: all’articolo 6 ad esempio la Convenzione Europea sottolinea che, nei paesi che sostengono la Convenzione, fra cui l’Italia, ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente ed imparziale costituito per legge. Ci vuole la “certezza del tribunale”, del “dove ricorrere”. Per di più, l’Italia con la legge 489 del 2001 ha introdotto un’equa riparazione per chi, ricorrente, abbia visto violata la durata del processo in base all’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti umani.

Con sentenza del 6 settembre sui ricorsi 29932 e 29907 del 2007, i giudici internazionali hanno ravvisato che i nostri medici avevano un’aspettativa legittima di veder versati i contributi e di ottenere nell’assegno pensionistico gli importi legati all’attività svolta. Si è configurata una lesione del diritto di proprietà, che lo Stato italiano risarcirà con 34 mila euro per ogni medico relativamente ai danni materiali (ricavati forfettariamente in base alla prassi e al contratto ospedalieri in vigore in Italia) più 8 mila euro per i danni morali. Ben diversa -per inciso- è stata, sempre in tema di pensioni e di lesione al presunto diritto di proprietà, la sentenza emanata lo scorso 19 luglio dalla stessa Corte Europea dei Diritti Umani nei confronti di oltre 10 mila pensionati italiani. Questi ultimi avevano fatto ricorso contro la legge 70 del 2015 che restituiva loro l’inflazione dopo che la legge Fornero l’aveva tolta nel 2012 e 2013 per le pensioni oltre 1500 euro mensili, pari tre volte il minimo Inps. Ma la restituiva (e dopo i 1500 mensili solo in parte) ai redditi inferiori a 3 mila euro lordi mensili, sei volte il minimo Inps, applicando dunque solo in parte l’input della Corte Costituzionale che aveva annullato la norma deliberata a suo tempo dal governo Monti. Nel caso in questione, i giudici europei hanno riconosciuto lo stato di necessità che spinse l’Italia ad adottare la normativa, perequativa in fatto di importi pensionistici in assoluto ma non in tema di adeguamento al costo della vita.

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