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Convenzione, trattativa ferma ma non è rottura. Sindacati divisi a partire da indagine Smi

Si fermano i giri della trattativa per l’accordo nazionale. Sindacati di medici di famiglia e Sisac dovevano vedersi il 30 ottobre ma la sessione è stata revocata. Non è una rottura, né le sigle al tavolo sembrano un fronte unitario. Nei giorni scorsi Snami e Fimmg hanno duramente criticato una statistica dello Smi che afferma come sulla carta la retribuzione oraria del medico di famiglia sia di 60 euro contro i 38 dell’ospedaliero. Tuttavia i sindacati su una cosa sono d’accordo: l’agenzia interregionale Sisac non ha al momento sufficienti margini di contrattazione. «La riorganizzazione del territorio a isorisorse non è possibile – dice Pina Onotrineosegretario Smi – e le parti si sono prese una pausa di riflessione per vedere se un intervento politico possa darci alcune certezze. In sintesi, Smi aveva già detto che nei termini della Balduzzi e dell’atto d’indirizzo c’erano poche premesse per continuare e concludere, le altre sigle sono venute sulle nostre posizioni». Quanto all’indagine, ha destato scalpore l’aver calcolato la paga oraria di medici territoriali e ospedalieri ipotizzando che i 45 mila mmg lavorino 24 ore medie a settimana contro le 38 dei dipendenti Ssn. Ne viene che i medici di base “valgono” quasi doppio degli ospedalieri, beninteso includendo le spese di gestione dello studio. E valgono più dei pediatri (53,4 euro/ora) e degli specialisti Asl (32 euro/ora). In realtà come ha spiegato Sergio Rivellini del Centro Studi Smi è stata presa a parametro la discutibile equivalenza secondo cui 37,5 assistiti del medico di famiglia equivalgono a un’ora di lavoro. «L’indagine va letta sullo sfondo della nostra richiesta di un contratto unico. Sull’equivalenza – sottolinea Onotri – abbiamo inteso sollecitare una riflessione della categoria: quando fu fissata nella trattativa per la convenzione del 1996 i rappresentanti di Cumi-ora Smi!- abbandonarono la sessione. Le tabelle finali della nostra ricerca peraltro dimostrano come i mmg costino al Ssn solo il 3,7% del Fondo sanitario, e gli ospedalieri il 10,76%, a fronte di sacrifici economici per il personale, lo studio, l’informatica. Inoltre non sono tutelati per ferie e malattia, e rispondono alla libera scelta dei cittadini che li possono revocare. La ricerca nasce proprio per suscitare termini di confronto più realistici tra territorio e ospedale, in un momento in cui in nessuno dei due ambiti vi sono certezze per i giovani che entrano. Se il territorio va verso modelli organizzativi a matrice ospedaliera, dobbiamo affrontare il dibattito sulle tutele e avere termini di comparazione più aggiornati».

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