Interviste – Ordine dei Medici e Odontoiatri di Como http://omceoco.it Just another WordPress site Wed, 17 Feb 2021 08:11:16 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.16 Bianco: il nuovo Codice Deontologico, tra critiche, veti e consensi http://omceoco.it/bianco-il-nuovo-codice-deontologico-tra-critiche-veti-e-consensi/ Thu, 24 Jul 2014 11:40:53 +0000 http://omceoco.it/?p=678 Dopo l’approvazione della nuova edizione del Codice di Deontologia Medica, del Giuramento professionale e delle note applicative, numerosi commentatori hanno mosso rilievi critici sia a singoli articoli, sia all’orientamento complessivo del testo. A questi si sono aggiunti dissensi di Ordini provinciali, alcuni dei quali hanno paventato ricorsi al Tar o dichiarato tout court di non voler applicare tale Codice.

“Non mi stupisce l’eco di commenti al nuovo Codice: ne avvalorano la rilevanza civile ed etica – afferma il presidente della FNOMCeO, Amedeo Bianco –. E sono convinto che le critiche, quando costruttive, siano espressione di partecipazione e aiutino a crescere e a migliorare. Questo non significa condividerle ma rendersi disponibili ad una dialettica di opinioni che, in questa materia, sono molto diversificate per matrici culturali, filosofiche , sociologiche e metodologie di analisi e che scontano tra di loro elevati tassi di inconciliabilità. Gli eccessi di qualche titolo che abbiamo letto sui media e alcune forzature interpretative del testo non faranno venir meno la nostra disponibilità al confronto” .

E su tutti questi commenti, eccolo allora a rispondere, senza remore o reticenze, attraverso i canali istituzionali della FNOMCeO.

Presidente, partiamo dalle votazioni. Sull’approvazione del Codice, questa volta, non si è avuta l’unanimità: dieci Ordini hanno votato contro, due si sono astenuti e qualche commentatore sottolinea una spaccatura senza precedenti. Come interpreta questo voto?

ottantacinque votanti su novantasette si sono espressi a favore. Tra i nove assenti, molti hanno preannunciato il loro voto favorevole e, probabilmente, le astensioni e qualche iniziale dissenso si tradurranno, alla fine, in approvazioni, quando il testo, completato con il Giuramento professionale e le note applicative, sarà oggetto di più organiche e complessive valutazioni da parte dei singoli consigli direttivi provinciali, che sono stati Invitati a deliberare in merito.
Certo, alcuni dissensi rimangono, ma hanno, però, motivazioni tra loro del tutto contrapposte: alcuni dei Presidenti contrari ritengono che non occorresse procedere ad alcuna revisione, ponendo di fatto un veto “assoluto” e, sebbene più volte sollecitati ad esprimersi nel merito, non hanno cambiato le proprie posizioni. Un’altra parte ritiene, invece, che il Codice non abbia una sufficiente forza innovativa o che sia eccessivamente piegato alle Leggi, considerazioni rispettabili ma oggettivamente poco supportate da proposte idonee a concretizzare quell’auspicato articolato “di nuovo conio”.

Ma questa mancata unanimità non costituisce un vulnus all’identità unitaria della Professione?

Il percorso compiuto ha dato opportunità di espressione a tutti e la responsabilità della mancata unanimità non può ricadere solo sulla stragrande maggioranza che ha condiviso, ma anche su quanti hanno ritenuto di compiere scelte differenti.unanimità richiede a tutti la volontà e l’umiltà di realizzare un equilibrio alto tra le proprie legittime visioni e la necessità di costruire la Deontologia come un patrimonio comune. Da questo punto di vista, confesso la mia difficoltà ad interpretare le innovazioni al codice come un vulnus etico e professionale talmente insopportabile da giustificare la rumorosa e colorita levata di scudi di alcuni dei Presidenti contrari. La veemenza delle manifestazioni di questo dissenso ha in verità lasciato poche tracce nel merito delle questioni; molto di più ha invece consegnato ad una parata mediatica che è risultata buona a tutti gli usi e consumi, sollevando altresì il polverone di un ricorso alla magistratura civile francamente improbabile nei termini ma minaccioso (questo sì un vulnus ) per la consolidata autonomia della professione in materia. Sottolineo invece il coro unanime di consensi della professione odontoiatrica, che, ancorché non avente formale diritto ad esprimere il proprio voto, ha partecipato con competenza e responsabilità all’ intero processo di costruzione del nuovo testo. Il che mi fa pensare che anche il dissenso sia, in qualche ordine dissidente, carente di unanimità.

Gli Ordini “all’opposizione” criticano soprattutto l’articolo 3 che, a loro giudizio, piegherebbe il medico, nelle organizzazioni sanitarie, al volere delle Regioni. Qual è, su tale punto, il suo pensiero?

interpretazione capziosa o quantomeno inesatta del testo, che in realtà fa precedere all’individuazione dei doveri generali del medico quella della sue competenze tecnico professionali.Odontoiatra, essendo fonte di preoccupazioni la eterogeneità della matrice giuridica in materia. Sebbene consapevoli della “natura subordinata” del Codice deontologico nella gerarchia dell’ordinamento, lo sforzo compiuto è stato quello di evitare la definizione delle competenze come una serie di atti; in buona sostanza, di prefigurare un mansionario medico. Oltre che impossibile sarebbe stata una operazione facilmente permeabile a sovrapposizioni di competenze con altre professioni sanitarie, soprattutto in contesti organizzativi che sostanzialmente mirano ad un trasferimento di atti e procedure solo in ragione dei minori costi dei fattori produttivi. Si è perciò condivisa la scelta di individuare un testo normativo che, in modo dinamico, reclutasse alle competenze del medico tutte quelle nuove attività e quelle nuove funzioni che lo sviluppo della Medicina, della Professione e delle Organizzazioni sanitarie rende via via oggettivamente disponibili. Attività e funzioni che costituiscono un ampliamento delle competenze di base e specialistiche, previste negli ordinamenti didattici universitari sui quali continuano a fondarsi l’abilitazione di stato, i profili specialistici e la riserva di attività professionali connesse.
Ci sono poi altri articoli che individuano i capisaldi delle competenze specifiche ed esclusive del medico e cioè la diagnosi clinica, la terapia, la prescrizione, il consenso informato. Tornando all’articolo 3, i doveri generali del medico sono identificati nell’ultima parte. E credo che le critiche basate su un’illogica proprietà transitiva di previsioni tra le due parti di tale articolo, per cui verrebbe legittimata una subordinazione del medico alle organizzazioni sanitarie, siano quindi infondate.

Altro che vuole sottolineare?

Questa imperizia o malizia interpretativa è tanto più rilevante, quanto più incide su una questione sensibile, che costituisce peraltro l’effetto perverso di una cultura e di una pratica dominante nelle organizzazioni e nelle gestioni in sanità. Questa cultura considera infatti marginali i professionisti – e i medici in particolare – pesandoli quali meri fattori produttivi e disegnandone quindi relazioni, ruoli e funzioni, unicamente in ragione dei costi di cui sono gravati e di quelli che generano.
Quel profondo disagio professionale che da anni denunciamo, con i suoi molteplici determinanti, costituisce la manifestazione più nitida e preoccupante di una lacerazione all’interno dell’alleanza tra sistema sanitario, medici, professionisti sanitari e cittadini: quel patto fondato su valori civili, etici e tecnico professionali condivisi che ha fatto crescere, nel nostro paese, il diritto alla tutela della salute, nonostante le palesi insufficienze dei profili istituzionali (federalismo), organizzativo -gestionali (aziendalismo), finanziari (rapporto spesa sanitaria/PIL sotto il 7%) ed aree di inquinamento del malaffare, anche malavitoso, della politica. Su queste criticità, il nostro Codice fa quanto deve e quanto può; in ogni caso non è né remissivo né omissivo.

Ma l’impressione di qualche commentatore critico – dai medici cattolici Renzo Puccetti e Stefano Alice al laicissimo Ivan Cavicchi – è quella comunque di un medico troppo vincolato ai budget. Principi quale l’“uso ottimale delle risorse” e l’“appropriatezza” compaiono, in effetti, in diversi articoli. Cosa risponde?

Si tratta, in tempi segnati da sciagurati “tagli lineari”, di preoccupazioni che colgono la realtà purtroppo diffusa di una domanda di servizi a tutela della salute che cresce in qualità e quantità, a fronte di risorse che restano invece definite e comunque correlate alle disponibilità del bilancio dello stato, subendone quindi le sorti; questo è però un nodo strutturale ed ineludibile comune a tutti i sistemi sanitari fondati sull’universalismo dei destinatari, sull’equità di accesso e sulla solidarietà del finanziamento con risorse pubbliche. Nel nostro contesto che ha le sue peculiarità soprattutto sul versante delle risorse disponibili (finanziamento pubblico al di sotto della media UE), domanda e risorse agiscono come i bracci di una tenaglia che stringono il sistema sanitario in uno spazio sempre più stretto di incompatibilità, razionando servizi, forzando le aziende sanitarie, le loro organizzazioni e gli stessi professionisti su prioritari obiettivi di tenuta contabile.

Non se ne esce, dunque?

Questo avvitamento perverso di incompatibilità non è l’unica risposta possibile alla crisi del sistema; sono possibili contesti di compatibilità tra bisogni di salute e risorse fondate non solo sul profilo economico contabile ma anche su scelte etiche, tecnico professionali e sociali che usano al meglio le risorse disponibili, invertendo il paradigma dominante in ragione del fine da perseguire e cioè la tutela della salute individuale e collettiva. È questa la prospettiva che anima il Codice e che al medico chiede di operare non come attore anonimo ma come AutoRe, mettendo in gioco la sua Autonomia e Responsabilità; valga per tutto il richiamo, posto all’articolo 79, alle finalità delle organizzazioni sanitarie: “Il medico partecipa e collabora con l’organizzazione sanitaria al fine del continuo miglioramento della qualità dei servizi offerti agli individui e alla collettività, opponendosi a ogni condizionamento che lo distolga dai fini primari della medicina”. Più chiaro di così è davvero complicato.

Bene, come raggiungere allora tale obiettivo?

Su questo terreno scontiamo i ritardi di nuove idee o meglio di un progetto organico dopo il naufragio della Clinical Governance ma soprattutto scontiamo le eccessive frammentazioni di rappresentanze sindacali che esprimono fragilissime forme di unitarietà e faticose mediazioni di contenuti; le funzioni poco definite e autoreferenziali di società Scientifiche e – perché non dirlo – le insufficienze dei nostri Ordini professionali. Il processo di definizione del nuovo Codice ha consegnato a tutti noi anche la ricchezza di uno schema di lavoro aperto ed inclusivo e la vocazione di realizzare, partendo dalle diversità, un disegno di bene comune per il nostro paese e per la nostra professione: dobbiamo camminare ancora su questa strada!

Alcuni Ordini contrari sostengono anche che il Codice abbia in sé una deriva che subordini le Norme deontologiche alle Leggi e ai Giudici …

Il rapporto tra l’ordinamento in senso lato ( legislazione nazionale e regionale, regolamenti, giurisdizione civile, penale ed amministrativa) derivante dalla oggettiva esigenza di tutelare gli interessi pubblici connessi alle attività mediche e sanitarie e la natura autonoma della regolamentazione deontologica produce da sempre delle “aree critiche” animate da tensioni e talora da conflitti aperti. Nel merito delle questioni poste, mi pare inconsistente l’accusa di subordinazione ai Giudici del nuovo Codice (e del Giuramento annesso), quando non persino grottesca. Si pensi solo al Caso Stamiona: nell’intricato groviglio di contraddizioni tra poteri, la FNOMCeO ha pubblicamente assunto una posizione di sostegno al rifiuto dei Medici di Brescia di proseguire i trattamenti, opposto in forza del rispetto della Deontologia, nonostante ingiunzioni giudiziarie e diffide di parte.

Ma il Caso Stamina non è l’unico complesso intreccio tra Legge e Deontologia.

Certo, proprio in questi giorni, siamo stati chiamati a rispondere all’Antitrust, una sorta di giurisdizione speciale che istruisce, giudica e sanziona presunte violazioni della concorrenza e del mercato delle previsioni del vecchio e nuovo codice in materia di pubblicità sanitaria. All’opposto, ripetute sentenze della Corte Costituzionale – l’ultima sulla legge 40 (Procreazione medicalmente assistita) – ribadiscono che in materia di trattamenti terapeutici non è consentito al legislatore intervenire, dovendo il medico riferirsi alle più aggiornate conoscenze scientifiche ed al proprio Codice deontologico. Parimenti la Corte di Cassazione sia penale che civile ha in più occasioni affermato che il medico è tenuto a perseguire il bene della persona che a lui si rivolge e di cui porta responsabilità, non costituendo un’esimente la pedissequa osservanza di regole organizzativo gestionali o di linee guida.

Qualche giudice ha poi perseguito come abuso di ufficio l’apertura di un procedimento disciplinare a carico dei CTU. Ognuno dei casi citati ha una sua complessità giuridica che attiene ad un difficile bilanciamento dei poteri e delle competenze: tutto ciò non può essere banalmente ricondotto o alle Leggi o al Codice.

Sui temi cosiddetti sensibili non mi soffermo, dando per acquisite alcune scelte confermate e rafforzate nel nuovo testo, laddove viene ribadito, in più articoli, il concetto di “Diritto mite” e cioè quell’essenziale cornice legislativa regolatoria che lasci però all’Alleanza di Cura la responsabilità, la libertà e la legittimità delle scelte.

Uno dei presunti “diritti negati” al medico sarebbe quello dell’obiezione di coscienza all’interruzione di gravidanza.

Probabilmente il riferimento è alla parte finale dell’articolo 22, laddove il medico, ancorché obiettore, resta impegnato a fornire ogni utile informazione e chiarimento per consentire la fruizione della prestazione. Ci si riferisce a prestazioni esigibili, ovvero a parti costitutive di un diritto tutelato, e si sottolinea come l’informazione, quella ritenuta necessaria, possa e debba stare all’interno di una Relazione di cura, anche quando questa sia caratterizzata da un rifiuto di prestazione in ragione di coscienza o di convincimenti tecnico scientifici. In ogni caso l’obiezione di coscienza, sotto il profilo deontologico, non è l’esercizio di una convenienza ma una testimonianza consapevole e libera di responsabilità sui propri valori etici di riferimento che sono inscindibili dall’esercizio professionale.

In campo opposto, arrivano gli appelli dei medici non obiettori, che non si sentono sufficientemente sostenuti nelle loro scelte dal Codice e dalla FNOMCeO.

Il Codice e la FNOMCeO riconoscono pari dignità etica e professionale a chi obietta e a chi non obietta, una dignità che ritengono invece offesa da tutte quelle negligenze organizzative e gestionali, da tutte quelle interferenze che surrettiziamente condizionano e talvolta coartano le scelte morali e professionali dei medici, di qualunque segno esse siano. Queste interferenze e queste negligenze gravano pesantemente sui cittadini, in questi casi donne che compiono scelte difficili e sofferte, producendo solitudini e frustrazioni dei medici non obiettori, ma soprattutto incidendo sulla libertà di ogni professionista ad esprimere al meglio il valore etico e civile fondante della professione: stare con le persone, sempre, nel rispetto dei loro diritti e della propria coscienza e dei propri convincimenti tecnico – professionali.

Sin qui abbiamo parlato dell’autonomia del Medico. Al contrario, qualche commentatore (vedi l’editoriale del bioeticista Sandro Spinsanti, ripreso da Gilberto Corbellini ) ritiene che ci sia un revival del paternalismo medico..

Francamente non saprei dove tali preoccupazioni abbiano effettivo riscontro nello spirito e nella lettera del nuovo codice. Nel prefigurare l’ Alleanza di Cura, il riferimento alla reciprocità tra medico e persona assistita/paziente non è certo il disconoscimento di una parte (l’autonomia del paziente) ma la ricerca di quell’incontro unico e irripetibile che legittima sia le scelte tecnico – professionali, sia quelle etiche. In tal senso, il richiamo al medico di agire in “scienza e coscienza” non si traduce in una definizione unilaterale ed astratta, del miglior interesse del paziente (paternalismo ) ma nell’ operare, sul piano tecnico – scientifico, in ragione delle migliori evidenze disponibili e, su quello etico, in ragione della deontologia professionale e dei diritti della persona, in primis quello dell’autodeterminazione, a cui richiama peraltro in modo inequivocabile l’atto solenne del giuramento professionale.

Codice “paleolitico” e “gattopardesco” (SMI), “che lascia il medico nel passato” (Remuzzi), che “non è veramente nuovo” e “non pertinente con gli explananda” (Cavicchi), che “non cambia molto rispetto a quello del 2006” (Corbellini). Una critica mossa al nuovo Codice è che, in fondo, tanto nuovo non sia…

L’autorevolezza degli commentatori citati e i diversi piani di analisi sui quali hanno mosso le loro osservazioni critiche richiederebbe una risposta per ciascuno di essi. Ovviamente non è possibile farlo in questo contesto e mi scuseranno se provo a fare una sintesi di quello che credo sia il cuore del problema sollevato: se cioè il nuovo Codice assolva il dichiarato scopo di innovare ed adeguare le regole deontologiche, cogliendo a sufficienza le ansie e il disagio della Professione e soprattutto se offra risposte efficaci alle criticità che ne costituiscono i determinanti. Non cito – perché sarebbe troppo ovvio – i quattro articoli inediti. E ho già svolto alcune controdeduzioni su aspetti specifici e innovativi: altre potrei aggiungerne, riguardo ad esempio la prescrizione terapeutica cosiddetta off label e nell’ambito dei trattamenti impropriamente definiti compassionevoli, oppure il ruolo limitato delle linee guida nella pratica professionale, la pubblicità sanitaria, la sperimentazione clinica (con un allegato inedito), le condizioni di conflitto di interessi. Infine, ma non per ultima, la scomparsa del termine accanimento terapeutico, la valorizzazione delle terapie palliative e cura del dolore, che diventano fini della medicina tanto quanto il curare per guarire. Per questo, la scomparsa del termine eutanasia (non del divieto), per affermare che la buona morte non è solo quella provocata su richiesta del paziente. Altre specifiche e rilevanti novità/criticità della professione, quali ad esempio le difficoltà dei giovani nella formazione ed accesso al lavoro e delle donne medico a qualificare il loro straordinario ruolo civile e professionale nelle rappresentanze – compresi negli explananda del mio amico e severo critico Cavicchi – difficilmente possono trovare risposte compiute in un codice deontologico ma , converranno anche i critici , sono comunque al centro delle politiche della FNOMCeO. In questa sintesi che farà sicuramente un po’ torto a tutti, ritengo che le risposte essenziali ci siano, almeno quelle che ragionevolmente e legittimamente possiamo affidare a un Codice Deontologico sul quale, lo ricordo, ricade l’obbligo di conseguire il più alto equilibrio possibile di tante diversità. Nel suo complesso e nei suoi oggettivi limiti, il nuovo Codice disegna una prospettiva di esercizio professionale attenta ai cambiamenti della Medicina, della Sanità e della Società, richiamando al Medico l’esercizio – in libertà ed indipendenza – della sua Autonomia e della sua Responsabilità nei territori tradizionali e in quelli nuovi della Professione, nel rispetto dei Principi di Beneficialità e Non Maleficità, di Giustizia e di Autodeterminazione della Persona. La relazione di cura che, nelle scelte, diventa alleanza di cura salda questi principi in un incontro unico ed irripetibile tra medico e paziente che resta il baricentro del nostro esercizio professionale.

Ritornano poi accuse di conflitti di interesse tra il suo ruolo di Presidente FNOMCeO e Senatore della Repubblica…

Sì, a volte ritornano, e non ho nulla da aggiungere ad argomentazioni già svolte in più occasioni e rispetto le valutazioni differenti anche quando riesumano vecchi armamentari dialettici tipo le cinghie di trasmissione tra politica e professione. Parimenti vorrei che il mio impegno e la mia condizione fosse rispettata e giudicata su fatti e non su stereotipi agitati per dar maggior vigore alle polemiche. Ricordo solo che i due unici disegni di legge che portano la mia prima firma sono la trasposizione legislativa di documenti approvati dal Consiglio Nazionale della FNOMCeO sulla riforma degli ordini e la responsabilità professionale. La FNOMCeO non è una lobby ma un ente dello Stato che tutela gli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione medica ed odontoiatrica. Io sto, nell’esercizio dei miei ruoli, dentro questo perimetro     di responsabilità .

Simona Dainotto

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Assicurazione Rc, ospedalieri già esenti: nodi liberi professionisti e accesso polizze http://omceoco.it/assicurazione-rc-ospedalieri-gia-esenti-nodi-liberi-professionisti-e-accesso-polizze/ Thu, 19 Jun 2014 13:11:22 +0000 http://omceoco.it/?p=648 «L’abrogazione dell’obbligo per i medici di assicurarsi per la responsabilità civile nei prossimi mesi, non è esattamente una “notizia” se, come sembra evincersi dalla volontà del governo Renzi, si limita ai dipendenti Ssn, già coperti per contratto dalle aziende sanitarie. I nodi sono altri: manca l’assicurazione della libera professione intramoenia, non si devono fare passi indietro, e si deve trovare un sistema per assicurare entro il 14 agosto prossimo i circa 30 mila colleghi liberi professionisti puri che un po’ ovunque erogano prestazioni di diagnosi e cura». Lo spiega a Doctornews33 il segretario Fnomceo Luigi Conte da Padova dove presenzia ai lavori del 23° Congresso Anaao Assomed. «Oggi i contratti di categoria obbligano le aziende ospedaliere ad assicurare la responsabilità del sanitario dipendente Ssn. Per coprire il caso di colpa grave poi il medico ospedaliero si assicura a parte pagando una polizza di circa 600 euro. Da parte loro, i medici convenzionati, gli odontoiatri e gran parte dei medici specialisti sono coperti. Resta una quota di liberi professionisti, spesso pensionati ma non solo, per i quali l’obbligo agostano è cogente. E le nuove disposizioni non riguarderebbero comunque loro». L’avvio dell’obbligo assicurativo è dunque un dato acquisito. «Ma ora urge fissare, come detta la legge Balduzzi, dei requisiti minimi per le polizze assicurative con un Dpcm ad hoc, ed urge istituire un Fondo per i professionisti che fanno fatica a trovare una polizza per la difficile professione svolta. In tema di requisiti, per conto di tutte le professioni sanitarie la Fnomceo ha avanzato una proposta di decreto in cui si afferma che le polizze mediche devono avere una copertura per un massimale minimo di un milione (basso, ma media tra le istanze delle diverse professioni sanitarie). Sul Fondo, una bozza di regolamento è all’attenzione del Governo, e prevede che le compagnie destinino il 5% dei loro incassi nel settore Rc sanitaria a co-finanziare con i professionisti il nuovo istituto. In ogni caso, la dotazione del Fondo sarebbe circa di 20 milioni, insufficiente, e come Fnomceo chiediamo siano definite altre forme di finanziamento. Inoltre-conclude Conte- chiediamo che le modalità di accesso siano concordate dal Fondo con le singole professioni».

 

Mauro Miserendino

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Bari, Formazione e Accesso al Lavoro: intervista ad Amedeo Bianco http://omceoco.it/bari-formazione-e-accesso-al-lavoro-intervista-ad-amedeo-bianco/ Mon, 16 Jun 2014 10:32:59 +0000 http://omceoco.it/?p=623 Un “piccolo esercito di riserva di medici disoccupati o paraoccupati”: è quanto, secondo il presidente della Fnomceo Amedeo Bianco, emerge dal confronto tra i dati degli iscritti agli Albi, in possesso della Fnomceo, e quelli forniti dagli Enti previdenziali.

Ma a cosa si deve questo divario? Uno dei fattori – oltre alla precarizzazione generalizzata del mondo del lavoro – è il numero insufficiente di posti nelle Scuole di Specializzazione e al Corso di Formazione in Medicina Generale.

In base alla normativa, infatti, l’ottanta per cento dei posti di lavoro per i medici richiedono anche un titolo di specializzazione o un attestato del corso di formazione in medicina generale. Ma il diciassette per cento dei laureati in medicina – pari a 6637 medici nel 2013 – rimangono fuori dalle Scuole di Specializzazione e dal Corso di Medicina Generale e quindi, di fatto, esclusi dal mercato del lavoro.

È questo della disoccupazione e precarizzazione solo uno dei temi affrontati dal presidente Bianco nel corso dell’intervista rilasciata, in occasione del Convegno del 13-14 giugno a Bari, “Formazione e accesso al Lavoro: innovare per garantire il futuro della Professione”, a Roberta Franceschetti e pubblicata in un numero Speciale del Notiziario dell’Ordine, che sarà distribuito durante l’evento.

In anteprima, l’intervista in versione integrale.

A cura dell’Ufficio Stampa Fnomceo

Il 13 e 14 giugno a Bari il Convegno nazionale FNOMCeO metterà al centro del dibattito i giovani e il futuro della professione. Perché avete scelto proprio questo tema?

Perché è uno dei temi fondamentali del presente e del prossimo futuro, soprattutto per le criticità che pone. La formazione pre e post laurea è un elemento chiave della gestione del prossimo futuro.

I problemi sono ormai noti, a partire dal numero programmato degli accessi a medicina che non incontra il favore dell’opinione pubblica perché viene vissuto come negazione delle legittime ambizioni dei giovani e perché attorno ai test di ingresso si è sviluppato un clima di sfiducia anche a causa di casi di cronaca amplificati dai media.

Tutti concordiamo sul fatto che un corso di studi così lungo e così impegnativo sia per le famiglie che per lo stato, a cui accede 1 studente su 7/8 di quelli che provano il test di ingresso, debba sfociare nell’ingresso nel mondo del lavoro. In base alla normativa attuale l’80% dei posti di lavoro per i medici richiedono anche il possesso di un titolo di specializzazione o al corso di formazione in MG, per cui stiamo parlando di un percorso in tutto di 10/12 anni. Il problema sta quindi nel riuscire a far corrispondere il gettito della formazione con la possibilità di accesso alle scuole di specializzazione.

Alcuni dei problemi maggiormente avvertiti dagli studenti di medicina sono rappresentati dal numero insufficiente di borse di studio, oltre che dalla precarizzazione del mondo del lavoro. Come ritiene si debba operare per evitare l’emorragia di giovani laureati e giovani medici che si trasferiscono all’estero per specializzarsi o per lavorare?

Ci troviamo di fronte ad un paradosso, perché da un lato abbiamo la spinta per aumentare il numero di accessi al corso di laurea in medicina, dall’altro abbiamo laureati italiani che prendono la strada dell’estero. Dal confronto tra dati degli iscritti agli Albi e dati forniti dagli enti previdenziali emerge come esista un piccolo esercito di riserva di professionisti, di medici disoccupati o “paraoccupati”. Un altro problema è rappresentato dalla necessità di trovare una corrispondenza tra l’incremento degli accessi a medicina degli ultimi anni, che vedrà un picco di laureati tra il 2023 e il 2028 e il numero di borse disponibili per le scuole di specialità e quella del corso di Medicina Generale. Anche in questo caso si tratta di allineare i numeri. Si tratta quindi di avere più fondi a disposizione o avere una diversa articolazione del sistema, che sfrutti le strutture del sistema sanitario nazionale – con un approccio formativo dell’”imparare facendo” – e di riuscire a intercettare fondi europei destinati alla formazione. Ci troviamo di fronte alla necessità di mettere in atto un mix di interventi che possano dare risposte concrete ai 10/15 mila nuovi professionisti che usciranno dall’università nei prossimi anni. Il cuore del convegno sta proprio nel cercare di individuare strade che permettano di allineare maggiormente percorsi formativi e accesso al mondo del lavoro. Non possiamo analizzare questi due fattori singolarmente. Dobbiamo fare due passi indietro ed esaminare il problema nel suo complesso.

Quali sono le principali sfide che il sistema sanitario dovrà affrontare dal punto di vista del ruolo e del profilo professionale dei medici?

La sfida principale che il sistema sanitario dovrà affrontare è quella di mantenere fede ai principi di universalismo, equità e solidarietà. Di fronte alla diffusione delle nuove tecnologie, allo sviluppo della conoscenza, alla trasformazione delle organizzazioni sanitarie, si pongono grandi questioni etiche e civili, che possiamo raggruppare sotto il tema della sostenibilità, non intesa in termini economici ma come corrispondenza del sistema ai valori etici della società. Qui entrano in gioco quindi con un ruolo centrale le competenze dei medici, che si manifestano non solo nelle scelte tecniche, ma anche in quelle deontologiche, che hanno un impatto etico e civile. La salute non è la produzione banale di una merce, ma un servizio carico di valore e di significati, con un forte impatto sulla coesione sociale.

Quale sarà il contributo che gli Ordini dei medici potranno dare alle istituzioni in questo campo e come immagina potrà evolvere il ruolo degli Ordini in un sistema sanitario che oggi affronta profondi cambiamenti?

Da anni stiamo inseguendo un progetto di riforma legislativa degli Ordini. Il ruolo che avranno sarà articolato su 3 punti fondamentali. Quello notarile, di tenuta degli Albi, che tutela la salute pubblica. Poi la promozione costante della qualità professionale, attraverso la formazione e l’aggiornamento e nel prossimo futuro anche la capacità di seguire e qualificare lo sviluppo professionale garantendo i cittadini affinché i medici abbiano una valutazione continua delle loro competenze tecniche, ma anche di altri aspetti come la capacità di comunicazione. Infine, avranno il compito disciplinare di verificare e sanzionare eventuali comportamenti scorretti.

Crede che ci sia una crisi del rapporto di fiducia medico-paziente?

Le indagini demoscopiche in realtà dicono che il rapporto di fiducia mantiene livelli alti. È ovvio che la crescita del contenzioso e l’enfasi mediatica su alcuni casi di cronaca hanno un impatto sul rapporto fiduciario, uno degli elementi di sostenibilità non economica cui facevo riferimento prima e su cui si basa l’intero sistema. Io posso investire nel sistema ma se i cittadini non hanno più fiducia, investo invano.

Roberta Franceschetti

 

 

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“Non esiste Sanità di domani senza Professione Medica”: intervista a Beatrice Lorenzin http://omceoco.it/non-esiste-sanita-di-domani-senza-professione-medica-intervista-a-beatrice-lorenzin/ Mon, 16 Jun 2014 10:27:55 +0000 http://omceoco.it/?p=619 “Sono per il numero chiuso al Corso di Laurea in Medicina, ma il percorso di formazione di dieci anni è troppo lungo”: lo ha ripetuto ancora pochi giorni fa il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, al Workshop sulla Formazione universitaria in Medicina, che si è tenuto l’8 giugno al Gemelli di Roma.

Ma le tematiche relative alla Formazione e al futuro lavorativo dei giovani medici sono da sempre care al Ministro, che sostiene che “non esiste sanità di domani senza Professione Medica”. E che, non potendo essere presente al Convegno “Formazione e Accesso al Lavoro: innovare per garantire il futuro della Professione” – che, organizzato dalla Fnomceo, si terrà a Bari il 13 e 14 giugno – ha voluto comunque far sentire la sua voce. E lo ha fatto con una lunga intervista, pubblicata su un numero Speciale del Notiziario dell’Ordine barese, che sarà distribuito durante i lavori.

Eccola di seguito, in anteprima, in versione integrale.

A cura dell’Ufficio Stampa Fnomceo

Ministro, il Convegno nazionale FNOMCeO di giugno sarà dedicato ai giovani e al futuro della professione. Il sistema sanitario italiano affronta importanti cambiamenti strutturali. Quale futuro avrà la professione medica nella Sanità di domani?

Non esiste sanità di domani senza professione medica. Ogni prestazione che il SSN eroga passa attraverso i professionisti che in esso operano e in questi mesi in cui ho visitato ospedali e strutture sanitarie ho avuto modo di toccare con mano la dedizione, l’umanità e l’alta professionalità degli operatori sanitari. I cambiamenti in Sanità assai spesso partono proprio dalla parte migliore e più innovativa della medicina, capace di intercettare i bisogni dei cittadini e fornire risposte adeguate. In un contesto nel quale il cittadino è sempre più consapevole dei propri diritti e bisogni di salute e nel quale il medico è affiancato da altri professionisti,  occorre superare schemi ormai desueti, che ingessano la figura stessa del medico e la appesantiscono di compiti impropri, per riaffermare, invece, la centralità dell’atto medico nella cura della persona.

Molti studenti di medicina sono preoccupati per il numero insufficiente di borse di specializzazione, entità delle borse inadeguata, ingresso tardivo nel mondo del lavoro rispetto alla media europea. Che situazione li attenderà all’inizio del nuovo anno accademico?

Il finanziamento delle scuole di specializzazione avviene attraverso fondi gestiti dal Ministero dell’economia e delle finanze. Insieme al ministro Giannini, abbiamo rappresentato al Presidente del Consiglio la necessità di reperire ulteriori risorse per incrementare il numero dei contratti di formazione specialistica, a testimonianza del nostro impegno per il reperimento di nuove risorse. Come è noto, il problema è sorto perché con la riforma delle scuole di specializzazione (DM 1 agosto 1998) gli anni di corso sono passati da 4 a 5 per tutte le specializzazioni (6 per quelle di area chirurgica). Dallo scorso anno, quindi, si è reso necessario finanziare una coorte in più di specializzandi, senza che a tale esigenza si accompagnasse un ulteriore stanziamento. Ritengo, tuttavia, che il ricorso a nuovi fondi da solo non è in grado di risolvere il problema. L’articolo 21 del decreto-legge 104 del 2013 come convertito dalla legge 128/2013, prevede, infatti, la riduzione degli anni di corso delle scuole di specializzazione, a eccezione di quelle per le quali la direttiva europea 2005/36/UE prevede una durata minima di cinque anni. Un’altra proposta per far fronte al problema è contenuta nel disegno di legge in materia sanitaria, presentato dal Governo su mia proposta, attualmente all’esame della Commissione Igiene e Sanità del Senato.

Un’altra criticità per i giovani medici è l’emergenza precariato all’interno del sistema sanitario nazionale. Che iniziative ha intenzione di attuare per far fronte alla precarizzazione?

La prima azione è sicuramente l’approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in attuazione del decreto-legge 101/2013. L’obiettivo che ci poniamo è, comunque, il superamento del ricorso a forme di lavoro precario, che non sono utili né ai medici, né alle stesse aziende. Per tale motivo ne stiamo discutendo anche con le Regioni nell’ambito del Patto per la Salute.

Il caso EXPO 2015 ha riportato al centro del dibattito il rapporto critico tra politica e pubblica amministrazione. Come risolvere commistioni e ingerenze all’interno della Sanità?

Di recente ho avuto modo di ribadire il mio pensiero su questo argomento: la politica non deve entrare più nelle questioni tecniche, sanitarie e scientifiche. In sanità ancor più che in altri ambiti è imprescindibile che vada avanti chi merita, perché c’è di mezzo la salute e la vita delle persone. Chi non vale deve andare a casa. Se un euro sprecato nella pubblica amministrazione è una cosa immorale, un euro sprecato in sanità può avere conseguenze devastanti e questo non lo possiamo permettere. Per questo motivo ritengo importante l’istituzione di un albo nazionale da cui attingere le professionalità migliori.

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Spata e il dialogo sulla “farmacia di servizi” http://omceoco.it/fnomceo-le-sintesi-di-fine-2013-spata-e-il-dialogo-sulla-farmacia-di-servizi/ Mon, 16 Dec 2013 11:20:40 +0000 http://omceoco.it/?p=217

 

Il dialogo tra medici e farmacisti negli ultimi anni si è intensificato. Le due professioni si sono trovate spesso su posizioni non coincidenti (si veda il tema degli equivalenti), ma di fronte a certe storture o a certe derive (soprattutto quando si parla di smantellamento del SSN oppure di visione economico-centrica della sanità) medici e farmacisti non possono che trovarsi sulla stessa “barricata”. Da circa un anno le rappresentanze ordinistiche delle due professioni stanno partecipando ad un tavolo dedicato al macro tema della farmacia dei servizi. Promosso dal Ministero, il gruppo di lavoro ha espresso un primo documento-Manuale alla cui stesura ha partecipato Gian Luigi Spata come rappresentante della FNOMCeO. Ecco come il presidente dell’Ordine dei Medici di Como illustra temi e valori del lavoro svolto. Indicando anche gli immediati passi che il documento dovrà percorrere.

Presidente Spata, la Federazione sta partecipando a un tavolo di lavoro sul tema “farmacia di servizi”. Ci vuole illustrare i motivi e gli scopi di questo lavoro?

Il Ministero della Salute ha promosso , nel novembre 2012, un tavolo su “coinvolgimento delle Farmacie di comunità nell’implementazione della qualità e sicurezza delle cure” con lo scopo di produrre un Manuale indirizzato agli operatori sanitari del territorio con l’intento di fornire delle linee di indirizzo sull’appropriatezza e sicurezza delle cure in farmacia e finalizzato alla prevenzione degli errori in terapia farmacologica. E’ un dato ormai evidente a tutti che le malattie croniche sono in continuo aumento, anche per effetto dell’innalzamento dell’età media, e che tali patologie saranno sempre di più competenza del territorio; diventa quindi indispensabile che le varie figure professionali coinvolte – MMG, PLS, medici specialisti, infermieri, farmacisti, assistenti sociali – possano collaborare e interagire fra di loro , nei limiti e nel rispetto delle proprie competenze, per poter garantire al paziente, che è al centro del sistema, quella continuità e sicurezza delle cure indispensabili per un corretto approccio alla cronicità. Infatti alcuni capitoli sono stati dedicati all’assistenza domiciliare integrata, alla continuità ospedale-territorio e alle campagne sanitarie di prevenzione ed educazione. Credo che il Manuale ci abbia fornito anche la possibilità di delineare le competenze delle varie figure professionali che entrano nel merito delle cure.

Il Manuale può essere una piattaforma comune di dialogo terra le professioni del medico e del farmacista?

Credo di si. Entrando nello specifico della collaborazione fra medico e farmacista, al primo competono la prevenzione, la diagnosi, la prescrizione del piano di cura e la promozione dell’empowerment del paziente; al secondo spetta un ruolo di supporto al medico nel collaborare alla verifica dell’aderenza alla terapia, nel segnalare gli eventi e le reazioni avverse delle terapie, nella partecipazione a campagne di promozione dei corretti stili di vita, nella distribuzione dei farmaci, dei presidi e dei device. Un aspetto importante che è stato sottolineato nel documento è quello della comunicazione fra i vari operatori, elemento fondamentale per poter garantire al paziente una corretta continuità delle cure, problema che deve essere affrontato attraverso l’utilizzo di strumenti sicuri e rapidi e anche innovativi come le reti telematiche, come previste dal fascicolo sanitario elettronico.

Chi sono stati i promotori di questo tavolo di indirizzo? Chi vi sta partecipando?

Alla stesura di queste linee di indirizzo hanno partecipato, oltre alla Direzione Generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute, la FOFI (Federazione Ordini farmacisti italiani), l’IPASVI (Federazione italiana infermieri professionali), la SIFO (società italiana farmacia ospedaliera), la SIMG (società italiana medicina generale), l’ufficio farmaceutico della Regione Veneto e naturalmente la FNOMCeO. E’ bene ricordare che l’idea di elaborare questo documento è nata dopo l’approvazione dei tre decreti ministeriali sui nuovi servizi erogati dalle farmacie e precisamente quello del 16 marzo 2010, pubblicato in G.U. 10 marzo 2011 relativo alla “Disciplina dei limiti e delle condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo e per le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera d) del decreto legislativo n. 153 del 2009”, quello del 16 dicembre 2010 pubblicato sulla G.U. del 19 aprile 2011 relativo a “Erogazione da parte delle farmacie di specifiche prestazioni professionali” e quello del 8 luglio 2011 pubblicato su G.U. del 1 ottobre 2011 che detta disposizioni sulla “Erogazione da parte delle farmacie di prenotazioni delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino e ritiro dei referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale”.

Su certi temi – ad esempio la prescrizione degli equivalenti – medici e farmacisti sembrano essere su “opposte sponde”…

Il tema della prescrizione dei farmaci generici è stato affrontato in un altro tavolo ministeriale al quale ero presente, insieme a Guido Marinoni, e che ha portato alla definizione di alcuni criteri relativi alla non sostituibilità di un farmaco sia da parte del medico che del farmacista; in sostanza i motivi principali di non sostituibilità del farmaco sono legati a problemi noti di ipersensibilità/intolleranza agli eccipienti o controindicazioni dell’eccipiente a determinate patologie oppure a fronte di terapie complesse o di particolari situazioni di fragilità del paziente che possano comportare il rischio di una mancata aderenza del paziente alla terapia stessa. Il tavolo è stata anche l’occasione per ribadire che in presenza di una ricetta con la prescrizione di un farmaco, anche brand, con un prezzo equiparato a quello di uno generico, il farmacista deve dispensare al paziente il farmaco segnalato sulla ricetta, restando comunque la discrezionalità della scelta al paziente stesso.

Durante quest’anno sono emerse problematiche sempre più numerose e invasive riguardanti la vendita di farmaci online, verso le quali si sono espressi sia il Ministero della salute che l’AIFA. Anche su questa tematiche avete dialogato ed espresso dei giudizi?

La vendita dei farmaci on-line è sicuramente un grosso problema di sicurezza e salute per il paziente; proprio in questi giorni il Consiglio dei Ministri, recependo la direttiva 2011/62 dell’UE che disciplina l’entrata dei farmaci nell’Unione, ha approvato in esame preliminare uno schema di decreto legislativo che regola tra l’altro la vendita dei farmaci on-line. Il provvedimento prevede che i siti internet che vendono medicinali devono contenere un link collegato al sito internet del Ministero della salute, il quale a sua volta deve contenere una lista di tutti gli enti o persone autorizzate alla vendita di farmaci in rete. L’utilizzo di un logo comune renderà tali siti più riconoscibili. Sono previste, inoltre, da parte dell’AlFA, misure di sensibilizzazione della popolazione circa i rischi connessi all’utilizzo di medicinali di origine non sicura. Il Ministero della salute, su proposta dell’ AIFA, può disporre con provvedimento motivato,anche in via d’urgenza, la cessazione di pratiche commerciali di offerta di farmaci attraverso i mezzi della società dell’informazione accertate come ìllegali ed è l’autorità competente ad emanare disposizioni per impedire l’accesso agli indirizzi internet corrispondenti ai siti web individuati come promotori di pratiche illegali da parte degli utenti mediante richieste di connessione alla rete internet provenienti dal territorio italiano. Tali provvedimenti sono eseguiti dal Comando dei Carabinieri per la Tutela della Salute (N.A.S.). Inoltre con il decreto saranno poste delle regole ben precise sulla vendita di farmaci non soggetti a prescrizione medica – che sono ii soli disponibili alla vendita on-line – mettendo un argine alla vendita di farmaci contraffatti.

Quali sono allo stato attuale i tempi per la definizione ultimativa del Manuale e del decreto?

Sono e siamo assolutamente d’accordo sull’opportunità di questo decreto, che non è ancora entrato in vigore in quanto deve passare al vaglio di Camera e Senato, e spero che i tempi dell’approvazione siano brevi per l’importanza che riveste a tutela del cittadino. Il tema non è stato discusso a questo tavolo proprio per il fatto che il decreto stesso è stato approvato in questi giorni e deve ancora seguire il suo iter parlamentare.

Una volta steso e finalizzato, il documento che strade prenderà?

Il documento in verità, per la delicatezza dei contenuti, ha subito diverse e inevitabili rivisitazioni che hanno portato a ritardi sull’approvazione definitiva del Ministero; da qualche settimana sono state inviate, spero, le ultime nostre osservazioni all’ultima bozza del documento. Una volta approvato, è intento del Ministero provvedere ad una rapida presentazione pubblica del manuale, sembra anche attraverso l’organizzazione di un convegno, e costituirà una linea di indirizzo non solo per tutti gli operatori sanitari interessati ma anche per le Regioni.

 Walter Gatti

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